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Candelora

Scritto da Roberta Magliocca

2 Febbraio 2015

La neve e la pioggia, un meteo avverso, la grandine che non perdona. Eppure, il cammino dei devoti a Mamma Schiavona non ha conosciuto stop, ma solo ostacoli facilmente superabili quando si ha un motivo forte per continuare a camminare. Questo motivo si chiama Candelora. Il 2 Febbraio, per la Chiesa cattolica, coincide con la presentazione al Tempio di Gesù, chiamata anche Candelora dal momento che, in questo giorno, vengono benedette le candele, simbolo di luce.

Al santuario di Montevergine, ad Ospedaletto, in provincia di Avellino, ogni anno, per la Candelora, migliaia di fedeli e no, fin dalle prime luci dell’alba, si recano per portare il loro omaggio a Mamma Schiavona che tutto concede e tutto perdona, per chiederle grazie, per renderle grazie. Tra di loro, anche i musicanti e i ballatori della tradizione del sud Italia, specialmente della Campania. Armati di tammorre, siscarielli, chitarre e vino, intonano canti e ballano: per devozione, per riscaldarsi, per pregare.

Ma i veri protagonisti sono loro, i femminielli: tutta la comunità LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transgender) ha indicato mamma schiavona (la madonna nera) come loro protettrice. La leggenda racconta, infatti, che nel 1256, fu proprio Mamma Schiavona a salvare una coppia omosessuale che, avendo dato scandalo, fu legata ad un albero e abbandonata agli stenti. Questo miracolo fu visto come un segno, un braccio teso alla tolleranza, un voler sottolineare che siamo tutti uguali.

Quindi, ad ogni candelora, una nuova esplosione di musica, danza e colori. Ma questi riti pagani, spesso, si sono scontrati con il mondo ecclesiastico. Nel 2002 e nel 2010, alcuni sacerdoti cacciarono dalla chiesa del santuario dei gay entrati in segno di devozione e rispetto. Tutto ciò non ha demoralizzato i fedeli, i devoti, chi ancora festeggia la Candelora, chi ancora crede nel rispetto e nella grandezza dell’amore che tutto può. Anche oltrepassare l’intolleranza della gente. Anche fare miracoli.

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