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Cara Donna, ti scrivo

Scritto da Roberta Magliocca

8 Marzo 2015

È tempo di ricorrenze. Qualche giorno fa, con un grande concerto a Bologna, a Piazza Maggiore, nella sua Piazza Grande, è stato ricordato Lucio Dalla. Non a caso il 4 marzo, giorno del suo compleanno, quel compleanno che lo avrebbe visto compiere 72 anni se tre anni fa, pochi giorni dopo il Festival di Sanremo a cui aveva partecipato con Pier Davide Carone, non fosse scomparso prematuramente. Lo abbiamo ricordato a botte di canzoni, aneddoti e sorrisi.

E 72 anni avrebbe compiuto anche Lucio Battisti il giorno dopo. Un’altra scomparsa che anni fa sconvolse il mondo della musica. E così anche il 5 Marzo assume la connotazione del ricordo. L’11 Settembre ci si stringe attorno ad un’America che non potrà mai dimenticare il suo dolore, il 14 Febbraio chi ha un amore lo ostenta al mondo per poi subire la vendetta dei cuori solitari il giorno dopo, in occasione della festa dei single. Si, insomma. Il calendario è sempre lì pronto a ricordarci che il nostro passato ritorna a farci visita a scadenza annuale e che noi dobbiamo essere pronti a onorarlo, sempre.

Ma cosa accade quando, anno dopo anno, si perde di vista il vero motivo di una ricorrenza? È ciò che accade ogni 8 Marzo, da molti anni a questa parte. La famosissima e, a volte, fastidiosissima Festa della Donna ha oramai banalizzato il ricordo di una tragedia, trasformandolo in un defilè di tacchi 100 e rossetto rosso. Vorrei, giusto per un ripasso generale, ricordare la vera origine di questa festività.

Nel 1908, un gruppo di operaie di un’industria tessile di New York scioperò come forma di protesta contro le condizioni malsane e disastrate in cui si trovavano a lavorare. Lo sciopero proseguì per diversi giorni, ma l’8 Marzo la proprietà dell’azienda bloccò le uscite della fabbrica, impedendo alle operaie di uscirne. 129 operaie persero la vita in un incendio. Erano donne che cercavano semplicemente di migliorare la propria condizione lavorativa.

Ora, mi chiedo come sia possibile che “in soli” 105 anni, si sia stravolta tanto la realtà al punto da trasformare quella che doveva essere una giornata di memoria e di lutto mondiale, in una serie di eventi e serate offensive non solo nei confronti del genere femminile, ma per l’umanità intera.

Cosa ha portato milioni di donne a credere che una serata passata in qualche locale del centro che offre spogliarelli al costo di dignità e buon gusto, potesse onorare la morte di donne che hanno lottato per i propri e per i nostri diritti? Cosa è scattato nella mente di sedicenti femministe, che di femminile hanno solo la borsetta, se credono che lasciare i propri compagni a casa sia sinonimo di libertà?

Proprio non riesco a comprendere come non facciano ad accorgersi di essere schiave di un sistema che ci vuole marionette non pensanti alla mercè di un mercato disposto a vendere anche la memoria di una strage pur di ricavarne profitti.

E, allora, non spassionatamente ma, anzi, appassionatamente, vi chiedo:

Lasciate i locali vuoti l’8 Marzo. Restate in casa, leggete libri di storia, leggete la NOSTRA storia, i soprusi che abbiamo dovuto sopportare per vederci riconosciuto ciò che ci spetta di diritto. Non escludiamo gli uomini, rendiamoli partecipi del nostro passato, affinché possano rispettarci e valorizzarci a dovere. Non c’è nulla da festeggiare, soprattutto in un paese dove una donna ogni due giorni viene uccisa. C’è da ricordare, con serietà ed intelligenza. E l’intelligenza ha poco a che vedere con spogliarelli e sbronze tutte al femminile.

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